Identificata una molecola in grado di bloccare la funzione di un particolare microRNA, responsabile di uno dei meccanismi alla base della Sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Si tratta della scoperta, diventata un brevetto, nata dalla ricerca coordinata dalla professoressa Silvia Barabino – docente del dipartimento di Biotecnologie e bioscienze dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – e dalla professoressa Stefania Corti – Centro Dino Ferrari, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
“La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa devastante contro cui a oggi nulla è veramente efficace – spiegano Barabino e Alessia Loffreda. In questo contesto patologico la rilevanza degli squilibri a carico di molecole di microRNA è nota. Aver individuato un preciso target la cui modulazione ha consentito di ottenere un importante aumento della sopravvivenza nel modello animale più comunemente utilizzato per studiare la malattia è un’ottima premessa per ritenere che questa strategia sia in grado di ‘toccare’ una via molecolare di impatto terapeutico”.
“A oggi esistono pochi farmaci per trattare la SLA– aggiunge la professoressa Stefania Corti – un altro grosso problema è che non vi sono biomarcatori che aiutino a capire se si stia sviluppando la malattia e a che stadio si trovi. La diagnosi viene fatta in base a un quadro di funzionalità già compromesse”.
Una diagnosi precoce e accurata, dunque, è ancora molto difficile. “La SLA peraltro è una malattia che si presenta quasi sempre in modo casuale. Solo in una piccola percentuale di pazienti, il 10% circa, è una malattia familiare ed è stato possibile identificare dei geni associati a questi casi”.
L’idea alla base del lavoro di ricerca del team della professoressa Barabino è stata quella di provare a individuare alterazioni che fossero comuni alle diverse forme di SLA, sia quella genetica, sia quella sporadica.
“Ci siamo focalizzati sulla ricerca di alcuni microRNA, piccole molecole la cui abbondanza fosse significativamente diversa tra soggetti sani e soggetti malati. Abbiamo trovato un particolare microRNA, il miR-129, la cui espressione aumenta molto nelle fasi iniziali della malattia”.
I passi successivi dello studio hanno portato al disegno di un inibitore, ossia una molecola in grado di bloccare l’azione di questo particolare microRNA che regola un gene fondamentale per lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni. Incoraggianti i risultati delle sperimentazioni: “I test di questa molecola sugli animali hanno determinato una progressione molto rallentata della malattia, nonché il mantenimento di una qualità di vita migliore”.
Il prossimo step prevede di migliorare questa molecola con la prospettiva di portarla alla fase clinica di sperimentazione sull’uomo: un passaggio comunque non breve, perché se anche i risultati ottenuti con gli studi preclinici in vitro e in vivo sono validi, occorreranno ulteriori esperimenti per verificare se la strategia individuata può funzionare.
Si pare comunque da una considerazione: “Queste terapie basate su acidi nucleici sono state già approvate per un’altra malattia neurodegenerativa infantile, l’atrofia muscolare spinale – conclude Barabino. L’obiettivo finale è quello di individuare un’azienda interessata a sviluppare il farmaco basato sul nostro brevetto”.
Il brevetto, in contitolarità tra l’Ateneo e la Fondazione IRCCS “Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico”, è rientrato fra le prime cinque tecnologie della macro area “Life Science / Health Care” dell’edizione 2021 di “Intellectual Property Award”, svoltasi il 28 febbraio e 1 marzo 2022 nella cornice di Expo Dubai.