La digitalizzazione della sanità può migliorare la vita dei pazienti, in particolare di quelli affetti da malattie croniche, ma l’Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, non investe ancora a sufficienza nel settore.
Il nostro Paese, infatti, è ‘maglia nera’ in Europa per spesa pro capite in innovazione sanitaria, appena 22 euro a testa (contro i 70 della Danimarca o i 60 della Gran Bretagna) e una spesa complessiva per la sanità digitale ferma a 1,3 miliardi di euro, pari all’1,1% della spesa sanitaria pubblica.
L’informatizzazione delle procedure ospedaliere riguarda, a oggi, soprattutto le pratiche amministrative, come la gestione dei dati anagrafici dei pazienti, utilizzato nell’80% delle aziende, e la gestione delle prenotazioni (63 %). Ma solo un’azienda su tre utilizza un supporto digitale per l’analisi dei dati dei pazienti e per mettere in comunicazione tutti gli attori del sistema salute. Questo mentre, tutti gli studi e le previsioni di settore ritengono che entro i prossimi due decenni il 90% dei posti di lavoro afferenti al Sistema Sanitario Nazionale richiederanno competenze digitali.
Sempre secondo il report, non solo 8 cittadini su 10 non usano i servizi sanitari via web, ma anche il personale medico sconta un pesante ‘digital gap’. Dal punto di vista del cittadino-utente, l’86% dei pazienti preferisce ancora rivolgersi personalmente al medico per ottenere un consulto o una diagnosi, l’83% recarsi agli sportelli per il pagamento delle prestazioni e l’80% ritirare a mano i referti.
Dal lato del professionista, su 116 Direttori di aziende sanitarie, 600 medici di medicina generale e 2.771 medici specialisti, emerge come fra i principali ostacoli all’adozione delle tecnologie digitali non vi siano solo le risorse economiche insufficienti (indicate dal 73% dei Direttori), ma anche una scarsa cultura digitale (limite ammesso dal 40% degli intervistati), nonché la scarsa conoscenza delle potenzialità degli strumenti digitali e la mancanza di competenze nel loro utilizzo. Le soluzioni che abilitano l’interscambio di dati e documenti sui pazienti attraverso Pdta sono utilizzate solo dal 29% delle aziende sanitarie, con professionisti sanitari dell’azienda ospedaliera appartenenti a diversi dipartimenti, e dal 23% con professionisti all’interno di una o più reti di patologia. Il supporto informatico alle attività di presa in carico del paziente risulta diffuso soprattutto per le attività gestionali e amministrative, come la gestione dei dati anagrafici dei pazienti (nell’80% delle aziende) e la gestione delle prenotazioni (63%).
Tra i 2.030 cittadini che hanno collaborato all’indagine dell’Osservatorio del Politecnico, il 51% predilige il telefono per prenotare visite ed esami e dichiara di utilizzare internet solo per cercare informazioni su prestazioni e strutture sanitarie. La mancanza di competenze digitali sembra essere un ostacolo insormontabile per tre cittadini su dieci che non si sentono in grado di utilizzare gli strumenti messi a disposizione dal web.
Ecco, allora, che secondo la ricerca si rende necessario aumentare l’offerta di servizi e formare gli stessi cittadini/pazienti per avvicinarli al digitale. Fra coloro che si servono di strumenti digitali, la maggior parte utilizza l’e-mail (15%), poi vengono gli Sms (13%) e infine WhatsApp (12%). Fra i medici che non fanno uso di questi strumenti, uno su due teme che si possano creare incomprensioni con i pazienti ed è diffusa la preoccupazione che l’utilizzo di questi strumenti possa aumentare il carico di lavoro del medico e che possa comportare rischi legati a un mancato rispetto della normativa sulla privacy. E dire che l’adozione di tecnologie innovative da parte del medico libererebbe maggiore spazio da dedicare al rapporto con il paziente, considerando che oggi dal 15 al 70% del tempo di lavoro se ne va in processi amministrativi.
Sempre secondo l’indagine, investire in formazione e nell’adozione di nuove tecnologie su larga scala consentirebbe per al Sistema Sanitario Nazionale un potenziale risparmio di oltre 5 miliardi di euro. E questo solamente se l’80% dei cittadini effettuasse online il ritiro di documenti clinici, la richiesta di informazioni, la prenotazione e il pagamento di visite e esami. Ma la digitalizzazione andrebbe a migliorare anche la gestione dei costi che il SSN sostiene per la cura delle malattie croniche. Basti pensare che in Italia il 39,9% dei residenti, pari a24 milioni di persone, è affetto da almeno una malattia cronica, mentre quelle con almeno due malattie croniche rappresentano il 20,9% del totale.