Una strumentazione all’avanguardia, a supporto di un’operazione salva vita altamente complessa per gestire un aneurisma cerebrale “gigante” con un rischio di rottura altissimo.
I casi di aneurisma della carotide sono spesso trattati con chiusura endovascolare dell’arteria, procedura possibile grazie al compenso che può essere fornito dagli altri vasi cerebrali.
Strada che, però, non era in questo caso percorribile.
Sono pochi poi i luoghi dove si possa trattare un aneurisma di tali dimensioni e in quella particolare sede. “L’aneurisma cerebrale è una patologia acquisita nella quale la parete di un’arteria cerebrale si sfianca e forma un ‘palloncino’ che rischia di esplodere. In questo caso si trattava di un rigonfiamento dell’arteria carotide interna del diametro di ben quattro centimetri (gli aneurismi vengono definiti ‘giganti’ sopra i 2,5 centimetri) – spiega Marco Cenzato, Direttore di neurochirurgia. Spesso gli aneurismi rimangono silenti oppure vengono riscontrati in maniera accidentale durante esami diagnostici per altre problematiche. Quando si manifestano è perché stanno diventando instabili e il rischio di rottura è altissimo, con esito, purtroppo, spesso letale”.
L’intervento si è dimostrato molto complesso: ci sono volute 7 ore per chiudere temporaneamente la carotide, escludere l’aneurisma e ricostruire il corretto flusso nei vasi cerebrali. L’ospedale ne ha dato notizia nei giorni scorsi, quando la vicenda si è avviata alla migliore delle conclusioni.
“La difficoltà specifica di questo caso era rappresentata dalla necessità di preservare il flusso nell’arteria corioidea anteriore, che nasceva direttamente dalla sacca dell’aneurisma, la cui interruzione era stata responsabile della temporanea paralisi subita dal paziente”, specifica Cenzato.
Davide Boeris, neurochirurgo del team chiarisce la tecnica utilizzata per l’intervento: “Per escludere l’aneurisma dal circolo abbiamo provveduto all’applicazione di alcune ‘clip’ avvalendoci dell’esoscopio chirurgico: una telecamera collegata a uno schermo ad alta risoluzione 4K e in 3D che permette una più alta definizione rispetto al tradizionale microscopio chirurgico”.
L’importante strumentazione tecnologica è utilizzata dal Neuro Center di Niguarda da circa due anni: l’esoscopio permette di visualizzare un campo operatorio di 1 centimetro su un monitor di 55 pollici (con diagonale di 140 centimetri) senza perdita di risoluzione. In questo modo i neurochirurghi operano in piedi guardando lo schermo davanti a loro senza bisogno di essere chinati sui binoculari del microscopio. All’ingrandimento si associa inoltre una maggiore profondità di campo grazie alla visione tridimensionale ottenuta tramite speciali occhiali visori che permettono alle immagini di proiettarsi fuori dallo schermo (in stile “cinema 3D”).
La sinergia tra neurochirurgia, neuroradiologia e neurorianimazione ha permesso al paziente di sottoporsi a un’operazione così delicata, e non priva di rischi, ottenendo un risultato stupefacente: solo dopo dieci giorni è stato dimesso, non ha riportato nessun tipo di conseguenza dall’intervento ed è potuto tornare alle sue attività quotidiane.
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