Gli anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 persistono nei pazienti sintomatici fino ad almeno 8 mesi dopo la diagnosi di Covid-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, dall’età dei pazienti o dalla presenza di altre patologie.
Non solo, la loro presenza precoce è fondamentale per combattere l’infezione con successo: chi non riesce a produrli entro i primi 15 giorni dal contagio è a maggior rischio di morte da Covid-19.
Sono questi i due risultati principali di una ricerca dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, coordinata da Gabriella Scarlatti, responsabile dell’Unità di Evoluzione e Trasmissione Virale condotta in collaborazione con i ricercatori del Diabetes Research Institute diretto da Lorenzo Piemonti e con Andrea Cara e Donatella Negri dell’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è il primo a mappare in modo così esaustivo l’evoluzione nel tempo della risposta anticorpale al Covid-19 e fornisce importanti indicazioni per:
- la gestione clinica della malattia, attraverso il riconoscimento dei pazienti a maggior rischio di forme gravi;
- il contenimento epidemiologico della pandemia.
Lo studio è stato condotto seguendo nel tempo 162 pazienti positivi a SARS-CoV-2, con sintomi di entità variabile, che si sono presentati al pronto soccorso dell’Ospedale San Raffaele durante la prima ondata della pandemia in Italia. I primi campioni di sangue sono stati raccolti al momento della diagnosi e risalgono a marzo-aprile 2020.
Oltre agli anticorpi contro SARS-CoV-2, i ricercatori hanno indagato anche la riattivazione degli anticorpi per i coronavirus stagionali nei pazienti (quelli responsabili del classico raffreddore) con l’obiettivo di verificare il loro impatto sulla risposta contro SARS-CoV-2.
“Gli anticorpi per i coronavirus stagionali riconoscono parzialmente il nuovo coronavirus e possono riattivarsi a seguito del contagio, pur non essendo efficaci nel neutralizzarlo – spiega Gabriella Scarlatti. Il timore era che la loro espansione potesse rallentare la produzione degli anticorpi neutralizzanti specifici per SARS-CoV-2, con effetti negativi sul decorso dell’infezione.”
Secondo i dati analizzati dai ricercatori del San Raffaele, tuttavia, la riattivazione di anticorpi pre-esistenti per i coronavirus stagionali non ha alcuna influenza nel ritardare la produzione degli anticorpi specifici per SARS-CoV-2 e non è quindi associata a maggior rischio di decorsi gravi del Covid-19.
Contrariamente a quanto emerso da studi precedenti, la presenza precoce di anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 è, invece, effettivamente correlata a un migliore controllo del virus e a una maggiore sopravvivenza dei pazienti. Per fortuna questo è vero nella maggior parte dei casi: il 79% dei pazienti arruolati ha prodotto con successo questi anticorpi entro le prime due settimane dall’inizio dei sintomi. Chi non ci è riuscito è risultato a maggior rischio per le forme gravi della malattia, indipendentemente da altri fattori come l’età o lo stato di salute.
Allo stesso tempo, la presenza degli anticorpi neutralizzanti, pur riducendosi nel tempo, è risultata molto persistente: a 8 mesi dalla diagnosi erano solo 3 i pazienti che non mostravano più positività al test.
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