NADINE – Un progetto per proteggerci dalle malattie neurodegenerative

Un nuovo marcatore predittivo e terapeutico per diverse malattie neurodegenerative è al centro di Nadine, il progetto della Statale di Milano finanziato da Seed4Innovation.

Il gruppo di ricerca di NADINE fa capo alla professoressa Tiziana Borsello del Dipartimento di scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano e al suo laboratorio distaccato presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri-IRCCS.

Grazie al loro lavoro è stato individuato un peptide (SIMBA2, brevetto 2021) che permette di recuperare la perdita della memoria e delle capacità motorie nei topi con malattie neurodegenerative, che ha permesso di scoprire, allo stesso tempo, un biomarcatore predittivo e prognostico (JASEMINE, domanda di brevetto 2022) per patologie del cervello.

Il progetto nasce da 25 anni di studi sulla neurodegenezione e la neuroprotezione e dalla ricerca del meccanismo biologico precoce e comune alle diverse malattie del cervello.

Il progetto NADINE (JNK3 a the crossroAds between DiagnosIs and treatment of Neurological disEases) si propone di affrontare uno dei problemi evidenziati dall’OMS, secondo cui un terzo della popolazione globale svilupperà entro il 2050 una qualche condizione neurologica in assenza di previsioni di sviluppo di cure adeguate.

Già oggi, i disturbi neurologici (tra cui ictus e demenze croniche) sono la seconda causa di morte e la prima causa di disabilità nel mondo (Global Burden of Diseases).

Le funzioni cognitive sono garantite da una fittissima rete di neuroni, che comunicano fra di loro tramite  sinapsi. Le sinapsi si modellano a seconda delle necessità e permettono l’apprendimento, la memoria, lo svolgimento delle attività quotidiane. Più sono usate e più si stabilizzano. Nelle patologie neurodegenerative, purtroppo, le sinapsi si danneggiano e la rete neuronale interrompe man mano le connessioni. La plasticità del cervello permette di costruire nuove connessioni e nuovi contatti fra i neuroni realizzando la formazione di nuovi circuiti. Le sinapsi possono essere dinamicamente rimodellate, ma i neuroni, se muoiono, non possono essere rimpiazzati.

Il gruppo di ricerca ha dimostrato che la disfunzione sinaptica, prima manifestazione delle malattie neurologiche, è determinata da un non corretto funzionamento della proteina JNK3. Con il supporto del professor Mattia Falconi, il team ha creato un peptide inibitore specifico di JNK3 (SIMBA2), in grado di regolarne il funzionamento e ha dimostrato in modelli in vitro e in vivo di demenza di Alzheimer e ischemia cerebrale il recupero della perdita della memoria e delle capacità motorie.

“Nadine è il progetto di una terapia per proteggere il cervello dalle malattie neurodegenerative e di un metodo per identificare precocemente i malati. SIMBA2 interrompe il programma di degenerazione delle sinapsi ma anche della morte neuronale, consentendo al cervello di realizzare nuove connessioni sinaptiche”, sottolinea la professoressa Tiziana Borsello. Le nuove connessioni ripristinano le funzionalità sfruttando la plasticità celebrale.

La dimostrazione scientifica di funzionamento di SIMBA2 in una malattia cronica e in una acuta consente di pensare che possa funzionare per un ampio spettro di malattie.
SIMBA2 agisce specificamente e selettivamente su JNK3, come bersaglio preferenziale rispetto ai suoi simili, e senza interferire con altre proteine. È stato concepito per essere selettivo, ridurre la tossicità e diminuire gli effetti collaterali o di efficacia legati alla non-trasferibilità dagli studi su modelli animali.

Il gruppo di ricerca ha inoltre scoperto che JNK3 è candidato a essere un biomarcatore predittivo e prognostico (JASEMINE) delle malattie del cervello. Potrebbe essere utilizzato anche per la “stratificazione” dei pazienti affetti da diverse patologie e per monitorare l’efficacia di una possibile cura, il giorno in cui dovesse essercene una disponibile. Infatti, la misurazione dei livelli di JNK3 raccolti in pazienti affetti da Alzheimer e da deficit cognitivo lieve ne suggerisce il potenziale utilizzo come biomarcatore di disfunzione sinaptica nel liquido cefalospinale (CSF), nella mucosa nasale e nel plasma.

Il progetto Nadine è nato ed è stato sviluppato in Italia, sebbene siano stati coinvolti alcuni tra i più importanti neuroscienziati del mondo. Il team sta completando gli studi di base su patologie croniche (Alzheimer, Parkinson) e acute (ischemia cerebrale, trauma cranico), ma è anche impegnato nell’indagine delle malattie neurosensoriali (glaucoma, retinopatia e perdita dell’udito) e sulle malattie del neurosviluppo e genetiche rare (Rett e Angelman).

Se la ricerca è promettente, bisogna però dire che Nadine attualmente è alla ricerca di finanziamenti per non rischiare di doversi arrestare.

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