Il 10,7% del Pil nazionale arriva dalla filiera della salute e dal suo indotto, pubblico e privato, che complessivamente dà lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone pari al 10% della forza lavoro nazionale. Un driver economico eccezionale quindi, che raramente viene però considerato per la rilevanza sull’economia del Paese. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto annuale di Confindustria sulla filiera della salute, redatto con le associazioni di riferimento del settore (Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme).
Il perno decisivo della White economy, spiega il report, è costituito dall’industria privata della salute: un settore i cui principali indicatori di performance, nonostante la crisi, registrano miglioramenti significativi sia in termini percentuali, rispetto al totale nazionale, sia in termini assoluti.
Il settore privato con le sue imprese, dalla farmaceutica, agli stabilimenti termali, passando per i dispositivi medici, e gli ospedali, gioca un ruolo importante. L’industria privata della salute, da sola, rappresenta, rispetto all’economia del Paese, il 4,9% del fatturato (144 miliardi di euro), il 6,9% del valore aggiunto (49 miliardi di euro), il 5,8% dell’occupazione (circa 910.000 persone) e il 7,1% delle esportazioni (oltre 28 miliardi di euro), con valori tutti in crescita rispetto al 2008. Tra il 2008 e il 2015, mentre l’occupazione generale si è contratta del -9,2% la filiera della salute ha messo a segno una crescita del 3,35%, con i servizi sanitari svettati del 9,7 per cento.
I risultati sono ottenuti anche grazie a un mix di welfare, cure ospedaliere di qualità, assistenza primaria in evoluzione, compreso il settore termale e della riabilitazione, e un’industria che investe nell’innovazione farmaceutica, diagnostica e biomedica circa 2,8 miliardi di euro, ovvero il 13% del totale degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia, con un’incidenza sul valore aggiunto generato dalle imprese superiore al 15%). Secondo il rapporto degli oltre 2 milioni e mezzo di euro che vengono investiti ogni anno, 700 milioni sono destinati agli studi clinici, e non ci dimentichiamo che per ogni euro investito in uno studio clinico ne facciamo risparmiare 2 al sistema sanitario nazionale perché negli studi clinici, oltre a fornire il farmaco gratuitamente, sosteniamo tutte le spese del paziente.